La Cantata dei Pastori

Libero adattamento da Perrucci di Corradino Pellecchia 

regia di Gaetano Stella

“La Cantata dei Pastori” il cui titolo originale era: “La battaglia del Diavolo ovvero la nascita del Verbo umanato ed il Vero Lume fra le ombre”, era uno spettacolo di arte sacra con un intento, in partenza, decisamente educativo; ma col passare degli anni, dell’edizione e dell’intenzione originale era rimasto ben poco.

L’Angiulillo, nu chiachieppe

jeve a’ grotta el’arapeva;

e ‘a Madonna e San Giuseppe

cu ‘o bambino accumpareva”

Scrive il grande poeta Raffaele Viviani: ” Tutte artiste, dilettante, sfugature d’’o quartiere; masterasce, scarrecante, gravunare, panettiere; E a vedè vestì sta gente cu curazze, cu maglione: – Chisto è curto! – Nun fa niente – Ccà ce mancano ‘e buttune. ‘Ntusiasmate ‘e fa chest’arte e p’ascì dinto a’ “Cantata” se pigliavano na parte d’’e bigliette d’’a serata.

Ed è con la volontà di proporre questa “atmosfera” che nasce questa messa in scena; lo spettacolo tipicamente natalizio, diventa soprattutto una festa popolare per gli attori e per il pubblico.

Quindi non solo Razzullo e Sarchiapone divertono con i loro lazzi e le loro folgoranti battute, ma tutti i personaggi (in un improbabile italiano colto) divertono e si divertono in un crescendo di emozioni, naturalezza, esagerazione, incertezza, semplicità e commozione.

Grande impegno, quindi, per gli attori che devono recitare la parte di “non attori” che fanno di tutto per sembrare “attori”. Stesso discorso vale per i musicisti, che contribuiranno a ricreare la magica atmosfera raccontata da Viviani.

In definitiva più che una proposta testuale, questa messa in scena è il recupero di una semplicità esecutiva che trascendeva il mero fatto artistico, per evidenziare il momento di aggregazione popolare, con la sua prorompente forza espressiva, che diventa vera e propria “poesia”.